Carciofi alla Giudia
La storia
Un cibo antico per le puerpere
A Roma il termine giudio significa giudeo, cioè indica una persona di discendenza e religione ebraica che rispetta le regole e la cultura di quella religione. Il termine un tempo indicava quelli che vivevano nel Ghetto, cioè in un pezzo di territorio della città dove i cristiani, così ricchi del senso fraterno e di quello dell’uguaglianza, relegavano i loro concittadini di un’altra religione, come in una sorta di riserva.
Il Ghetto di Roma venne istituito nel 1555 da papa Paolo IV obbligando gli ebrei a vivere solo in quella parte della città e prevedeva una serie di restrizioni particolari, che sarebbero poi state in vigore per secoli. Tra queste quella tremenda che dalla sera al mattino le porte del Ghetto fossero chiuse e sorvegliate e non si potesse né uscire né entrare, come in una prigione.
La Rivoluzione francese portò nuovi ideali ed i ghetti che erano sorti in diverse città italiane ed europee vennero progressivamente eliminati e le mura abbattute.
Roma, con la presenza del papato, fu l’ultima ad abolire il suo Ghetto in Europa occidentale. Ci volle la presa della città da parte delle truppe piemontesi con la Breccia di Porta Pia il 20 settembre 1870 per arrivare a questo risultato.
Oggi a Roma se dici Ghetto indichi una parte del centro storico a ridosso del Lungotevere ed oltre la Sinagoga con forte vocazione turistica. Abitare al Getto fa molto chic ed i orezzi delle case sono solo per chi se lo può permettere. I romani e i turisti ci vanno per ammirare il Portico d’Ottavia di epoca romana, che rappresentava il propileo d’accesso al Circo Flaminio, e la monumentale Sinagoga. Ma oltre a respirare un po’ di storiadella città al Ghetto si va per gustare la cucina ebraica, cioè quella preparate secondo le regole Kosher, in purezza. Una cucina che poi è la vera ed autentica cucina romana a testimonianza di quanto la presenza “Giudia”, a dispetto del Ghetto, abbia poi influenzato così profondamente la vita e la storia della città.
In Italia contiamo numerose varietà di carciofi, almeno una decina, ma per fare i carciofi alla giudia, ovvero fritti nell’olio bollente tutti interi, occorre usare il Carciofo romanesco detto anche di Ladispoli, Comune sul mare poco a Nord di Roma dove i miei mi portavano da bambino perché dicevano che la sabbia della spiaggia, scura e ferrosa, facesse bene alla crescita delle ossa.
Questo carciofo detto anche Mammola o Cimarolo per la sua grande testa viene coltivato su tutta la fascia costiera laziale, su fino a Cerveteri. Ha il vanto di essere il primo prodotto italiano a marchio IGP e raggiunge le dimensioni e la tenerezza ideali in primavera. Si dice che fosse coltivato già dagli etruschi per la sua bontà e perché privo di spine. A differenza ad esempio della varietà sarda spinosa di Samassi, comune del Campidano dove si tiene ogni primavera una fiera dedicata a questo tipo di carciofo più piccolo ma molto saporito e profumatissimo e che va pulito con i guanti a rischio sennò di brutte punture alle mani.
Quindi niente sbagli quando fate i carciofi alla giudia. E soprattutto non dimenticate di oreparare prima del pane azzimo, cioè senza lievitazione, per accompagnare questa ricetta squisita.
La ricetta
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
- 4 Carciofi romani cimaroli, chiamati anche mammole
- 2 limoni per acidulare
- 50 cl di olio per friggere (io preferisco comunque l’olio EVO)
- Qb sale e pepe
PREPARAZIONE
- Per i carciofi alla giudìa scelgo dei bei carciofi romaneschi molto freschi a cui toglierai le foglie ed il gambo lasciandone solo 4 o 5 centimetri. Quindi lavali, sgrondali dell’acqua e strappa a mano le foglie esterne più scure arrivando a quelle che sono chiare alla base. Quindi, tenendo il carciofo a testa in su, con un il coltellino affilato taglia la parte alta più scura delle foglie girando mano a mano il carciofo. Vai avanti con il taglio via via verso l’interno finché le foglie diventano più chiare. Il carciofo si trasformerà in piccola palla.
- Procedi pulendo anche il gambo fino alla parte interna più chiara, strofinalo subito bene con mezzo limone, poi ponilo in una bacinella con acqua acidulata con il limone stesso. Prosegui nello stesso modo con gli altri avendo cura di non farli annerire. Prendi ora i carciofi, asciugali e battili a testa in giù sul piano di lavoro per ammorbidirli, poi con il pollice, partendo dalla parte centrale della corolla, allarga delicatamente i petali per creare spazi vuoti tra l’uno e l’altro.
- Ora in un tegame stretto e profondo in cui ciascun carciofo possa stare immerso, fai scaldare l’olio ad una temperatura moderata, intorno ai 140° e cuoci un carciofo per volta rigirandolo. Sarà cotto dopo 6 o 7 minuti minuti o comunque quando la punta del coltellino penetrerà con facilità alla base della corolla. Tiralo sù con una schiumatola e mentre cuoci il carciofo successivo mettilo a scolare dall’olio. Quando l’ultimo carciofo sarà cotto porta la temperatura dell’olio a 200° ed immergi il primo carciofo di nuovo nell’olio per 3 o 4 minuti a testa in giù per rendere le foglie arricciate e croccanti come fossero patatine. Procedi con i rimanenti e servili ben caldi dopo averli salati e pepati a piacere ponendo sotto ciascuno un paio di tovagliette di carta paglia per assorbire l’olio in eccesso.
- Ah dimenticavo, si mangia con le mani…
Senti che mangi !
